L'intercropping: una trasformazione agricola sostenibile?

Quando l'innovazione incontra la tradizione: come coltivare più specie insieme può salvare il futuro dell'agricoltura.

La popolazione mondiale raggiungerà i 9,8 miliardi entro il 2050 (UN, 2023). La domanda di cibo crescerà del 50%, quella di cereali addirittura del 70% (IPCC, 2023; FAO, IFAD, UNICEF, WFP and WHO, 2023). Di fronte a questa sfida epocale, l'agricoltura intensiva convenzionale mostra tutti i suoi limiti: dipendenza da fertilizzanti chimici, pesticidi, lavorazioni aggressive del suolo e un consumo d'acqua sempre più insostenibile. Eppure, la soluzione potrebbe essere più semplice di quanto si pensi, e affonda le sue radici nella saggezza agricola di millenni: l'intercropping, ovvero la coltivazione simultanea di due o più specie nello stesso appezzamento.

 

Il contributo di RUMA

RUMA ha recentemente partecipato a un importante seminario che ha riunito partner da tutta Europa per discutere il futuro dell'agricoltura sostenibile. L'agronomo trentino Federico Bigaran ha presentato alcuni tra i più avanzati risultati scientifici sull'intercropping, contribuendo a un dibattito che vede l'Europa in prima linea nella transizione verso sistemi agricoli più resilienti. Il messaggio è chiaro: non possiamo più permetterci di continuare con la monocoltura intensiva. I dati parlano da soli.

 

Perché l'intercropping funziona: le evidenze scientifiche

 

1. Complementarietà radicale: esplorare il suolo in profondità

Il principio fondamentale dell'intercropping risiede nella differenziazione degli apparati radicali. Quando si coltivano insieme cereali e leguminose, le loro radici esplorano strati diversi del suolo: i cereali assorbono nutrienti dagli strati superficiali, mentre le leguminose, con il loro robusto sistema radicale, attingono dalle zone più profonde (Maitra et al., 2021).

Questo sfruttamento tridimensionale del profilo del suolo significa che:

·      Le risorse non vanno sprecate: acqua e nutrienti disponibili a diverse profondità vengono utilizzati in modo complementare, non competitivo

·      Si riduce l'erosione: una copertura radicale più densa e stratificata stabilizza il terreno

·      Aumenta la materia organica: più biomassa radicale si traduce in maggiore carbonio sequestrato (Cong et al., 2015)

 

2. Il Land Equivalent Ratio (LER): la metrica dell'efficienza

Come si misura scientificamente il vantaggio dell'intercropping? Attraverso il Land Equivalent Ratio (LER), l'indicatore più utilizzato a livello internazionale (Mead & Willey, 1980). Il LER calcola quanta superficie coltivata a monocoltura servirebbe per ottenere la stessa produzione di un appezzamento intercoltivato. Si calcola come:

LER = (Resa coltura A in intercropping / Resa coltura A in monocoltura) + (Resa coltura B in intercropping / Resa coltura B in monocoltura)

Un LER > 1,0 indica che l'intercropping è più efficiente. Per esempio, un LER di 1,4 significa che servirebbero 1,4 ettari di monocoltura per produrre quanto 1 ettaro di intercropping: un guadagno del 40% di efficienza nell'uso del suolo.

Studi condotti in diversi contesti geografici riportano LER che variano da 1,2 fino a 1,67, con punte ancora superiori in condizioni ottimali (Willey, 1990). In Cina, consociazioni sorgo-pisello d'Angolo e miglio-arachide hanno registrato un LER di 1,67, indicando un incremento del 67% nella produttività per unità di superficie.

 

3. Fertilità del suolo: il miracolo della fissazione dell'azoto

Quando leguminose e cereali crescono insieme, accade qualcosa di straordinario. Le leguminose, attraverso la simbiosi con batteri del genere Rhizobium, fissano l'azoto atmosferico nel terreno, rendendolo disponibile per le colture companion attraverso gli essudati radicali e la decomposizione dei residui (Latati et al., 2017). Uno studio decennale condotto nella provincia di Gansu, in Cina (Wang et al., 2015), ha dimostrato aumenti di produttività del 28,6% e 32,4% rispettivamente per le consociazioni fava-mais e grano-mais, grazie all'ottimizzazione del pH del suolo e al mantenimento delle proprietà chimiche. Un altro studio di 16 anni (Li et al., 2021) ha documentato un incremento del 22% nella resa grazie al miglioramento della struttura fisica del suolo e all'aumento della sostanza organica e dei macroaggregati.

Il risultato? Riduzione drastica della necessità di fertilizzanti azotati sintetici, con tutti i benefici economici ed ambientali che ne derivano.

 

4. Microbiomi del suolo: l'ecosistema invisibile

I microorganismi del suolo sono gli architetti invisibili della fertilità. L'intercropping regola le comunità microbiche attraverso gli essudati radicali – composti organici (zuccheri, aminoacidi, acidi organici, vitamine) che le piante rilasciano attivamente nel suolo circostante le radici – promuovendo lo sviluppo di microrganismi benefici che:

·      Aumentano la disponibilità di nutrienti (carbonio, azoto, fosforo).

·      Prevengono malattie trasmesse dal suolo.

·      Migliorano la struttura e la qualità del suolo.

·      Ripristinano l'equilibrio ecologico.

La diversità di essudati radicali in sistemi policolturali crea nicchie ecologiche diverse, favorendo una maggiore ricchezza e diversità microbica rispetto alle monocolture (Wang et al., 2021). Questa biodiversità del suolo si traduce in una maggiore resilienza dell'intero sistema agricolo.

5. Gestione integrata di parassiti e malattie

Dimenticate i pesticidi. Gli studi più recenti dimostrano che specifiche consociazioni riducono drasticamente le popolazioni di insetti dannosi. Una ricerca (Li et al., 2021) ha evidenziato che l'intercropping di peperoni con rosmarino ha ridotto del 62-83% la densità di acari (Tetranychus urticae) e altri parassiti chiave, senza l'uso di alcun prodotto chimico. I meccanismi in gioco sono molteplici:

·      Emissione di composti organici volatili (VOC) che confondono o respingono i parassiti.

·      Habitat più favorevole per i predatori naturali.

·      Barriere fisiche che ostacolano la diffusione dei patogeni.

·      Maggiore biodiversità che rende meno attrattivo un appezzamento per un parassita specialista (cioè che si nutre principalmente di una sola coltura).

Un'ulteriore conferma arriva da uno studio australiano (Zhou et al., 2023) che ha documentato come l'intercropping ceci-lino abbia ridotto significativamente l'incidenza della peronospora (Ascochyta blight) nei ceci.

 

6. Efficienza idrica: produrre di più con meno acqua

In un'epoca di crescente scarsità idrica, l'intercropping offre una soluzione concreta. I sistemi a strisce possono risparmiare dal 20% al 50% di acqua e terra (Raza et al., 2022), grazie a:

·      Copertura fogliare espansa: la diversità di altezze e architetture delle piante crea un microclima più fresco che riduce l'evaporazione dal suolo.

·      Sistemi radicali complementari: come già spiegato, radici che esplorano diversi strati di suolo utilizzano l'acqua disponibile in tutto il profilo, minimizzando le perdite per percolazione profonda.

·      Riduzione della temperatura del suolo: l'ombreggiamento reciproco abbassa le temperature superficiali, riducendo lo stress idrico (Yin et al., 2019).

Studi condotti in Iran su consociazioni sorgo-trifoglio hanno dimostrato che sistemi di intercropping sotto regime di irrigazione ridotta (75% dell'acqua standard) producono comunque rese soddisfacenti con significativo risparmio idrico (Pourali et al., 2023).

 

Perché l'intercropping è poco diffuso: i principali ostacoli

Barriere all’adozione

Ma come mai, a fronte di una serie di innumerevoli benefici l'intercropping non compare tra le pratiche agronomiche più diffuse al mondo, ma anzi, è rilegato a qualche anfratto dell’agricoltura moderna? Secondo un’analisi condotta dal progetto IntercropVALUES su 13 casi studio europei vi sono oltre 200 barriere che ostacolano lo sviluppo dell'intercropping, rivelando un quadro complesso che coinvolge l'intera filiera agroalimentare. Ciò che rende particolarmente critica la situazione è l'aspetto sistemico di questi ostacoli: invece di essere elementi isolati, le barriere emergono da una complessa rete di interazioni e si rinforzano reciprocamente. Gli agricoltori, in particolare, si trovano a dover affrontare numerose barriere "esterne", imposte da altri attori della filiera piuttosto che derivanti dai propri mezzi, come gli standard di purezza richiesti da raccoglitori e trasformatori. Questo sottolinea come l'intercropping non possa svilupparsi senza un impegno coordinato di tutti i portatori di interesse della filiera alimentare, inclusi i decisori politici. Si riportano in seguito le principali barriere per categoria derivate dai risultati del progetto IntercropVALUES:

Barriere tecniche

·    Efficienza sconosciuta dei macchinari per la separazione dei cereali

·    Rischio di contaminazione con allergeni (es. glutine)

·    Necessità di passaggi aggiuntivi per la separazione dei cereali

·    Rischio di impurità nel raccolto

·    Difficoltà nell'aumentare la scala produttiva (scaling-up)

Barriere finanziarie

·    Costi aggiuntivi di manodopera

·    Prezzo elevato dei prodotti da intercropping

·    Paura di perdite economiche e mancanza di redditività

·    Investimenti necessari in macchinari specifici

·    Rischio di declassamento delle colture alimentari a foraggio

Barriere legate alla conoscenza

·    Lacune conoscitive in tutti gli aspetti dell'intercropping (produzione, trasformazione, stoccaggio, commercializzazione)

·    Mancanza di esperienza nella separazione dei cereali

·    Conoscenze esistenti ma non trasferite adeguatamente agli stakeholder

·    Formazione insufficiente dei consulenti agricoli

Barriere di mercato

·    Mancanza di domanda per prodotti da intercropping

·    Basso valore attribuito a lotti misti o contaminati

·    Scarsità di attori a valle che valorizzano l'intercropping

·    Riluttanza dei consumatori verso nuovi prodotti

·    Mancanza di canali di distribuzione dedicati

Barriere culturali

·    Paura della diminuzione delle rese

·    Resistenza al cambiamento delle pratiche agricole tradizionali

·    Scarsa consapevolezza dei benefici ambientali ed economici

Barriere organizzative

·    Mancanza di coordinamento tra diversi attori della filiera

·    Assenza di filiere dedicate all'intercropping

·    Difficoltà nella logistica e nella gestione dei flussi

Barriere regolative e di contesto

·    Mancanza di consapevolezza dell'intercropping negli strumenti di reporting delle autorità

·    Soglie massime di impurità richieste dalle regolamentazioni europee

·    Incompatibilità con alcune misure della PAC (es. GAEC 7 sulla rotazione colturale)

·    Incertezze su come dichiarare l'intercropping nelle dichiarazioni PAC

L’area mediterranea: un'opportunità unica

Seppur presentando numerosi ostacoli all’attuazione, l’intercropping offre diversi vantaggi in tutti gli areali e in particolar modo in quelli che presentano un clima mediterraneo. Infatti, con le sue estati calde e secche e inverni miti, esso crea le condizioni ideali per la sua implementazione. La regione affronta sfide specifiche – aumento delle temperature del 25% sopra la media globale (Cramer et al., 2018), stress idrico crescente, degrado del suolo – che rendono urgente l'adozione di pratiche agricole più resilienti. Studi condotti in Italia hanno dimostrato che leguminose consociate con riso e cereali in ambienti mediterranei utilizzano in modo efficace le risorse naturali, rappresentando un approccio sostenibile particolarmente adatto a queste condizioni climatiche (Saia et al., 2016). La ricerca ha inoltre evidenziato come l'intercropping possa contribuire a ridurre la salinità del suolo, un problema crescente nelle aree irrigue mediterranee (Su et al., 2024).

 

L'intercropping in Europa: progetti e prospettive

L'Europa sta investendo significativamente nella ricerca sull'intercropping attraverso progetti Horizon come INTERCROP VALUES e LEGUMINOSE. Gli obiettivi sono ambiziosi:

·      Ridurre l'uso di fertilizzanti azotati.

·      Diminuire l'impiego di pesticidi.

·      Aumentare la produzione locale di legumi.

·      Migliorare la qualità nutrizionale dei raccolti.

·      Incrementare la biodiversità agricola.

 

Cosa sta facendo RUMA

L'impegno di RUMA non si ferma alla partecipazione a convegni internazionali. La nostra visione è quella di tradurre la ricerca scientifica in pratiche concrete, adattate alle specificità del territorio alpino e pre-alpino. Con la consulenza di esperti come Federico Bigaran, stiamo:

·      Monitorando la salute del suolo attraverso indicatori biologici.

·      Valutando l'efficacia di diverse pratiche agronomiche sulla salute del suolo.

·      Costruendo reti con agricoltori, ricercatori e policy maker per trasferire le conoscenze dalla ricerca alla pratica agricola.

 

Il futuro è policolturale

L'intercropping non è una pratica nostalgica, anche se affonda le sue radici nel passato, ma prevede l'applicazione di principi ecologici fondamentali – diversità, competizione e facilitazione – per costruire sistemi agricoli più produttivi, resilienti e sostenibili. Le evidenze scientifiche sono solide, replicate in decine di Paesi e condizioni climatiche diverse (Maitra et al., 2021; Brooker et al., 2023).

 

Vuoi saperne di più su come RUMA sta contribuendo all'innovazione agricola sostenibile?

Continua a seguire il nostro blog per approfondimenti tecnici, risultati di ricerca e storie dal campo. Perché il futuro dell'agricoltura si costruisce oggi, un seme alla volta.

Fonti scientifiche: UN, 2023; IPCC, 2023; FAO et al., 2023; Maitra et al., 2021; Wang et al., 2015; Li et al., 2021; Cong et al., 2015; Mead & Willey, 1980; Willey, 1990; Latati et al., 2017; Zhou et al., 2023; Raza et al., 2022; Yin et al., 2019; Pourali et al., 2023; Cramer et al., 2018; Saia et al., 2016; Su et al., 2024; Brooker et al., 2023; INTERCROP VALUES Policy Brief.